Colonna sonora:
Brunori SAS – Vol.3 Il Cammino di Santiago in Taxi
Sicuramente conoscete il cammino di Santiago, probabilmente avete un amico che è partito per fare il pellegrinaggio, o può darsi che proprio voi vi stiate preparando per almeno un paio di tappe del cammino francese, ma forse non tutti sanno che… Santiago de Compostela è anche la capitale di una regione tutta da scoprire: la Galizia.
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Considerata dai Romani la fine del mondo, questo angolo nordoccidentale della penisola iberica, terra di pescatori e marinai, naufraghi ed emigranti, ha una lunga storia, una lingua propria e una cultura influenzata dagli antichi coloni celti.
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Se, come noi da Matrì, viaggiate in macchina o in treno passando dalla meseta, con le sue mille sfumature di ocra, paesaggio tipico della steppa mediterranea, vi accorgerete di essere arrivati in “miña terra galega” quando ad accogliervi ci sarà il verde dei suoi campi, bagnati dalle frequenti pioggie e dalle rive dei numerosi fiumi.
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Affacciati sull’oceano, i suoi abitanti, spesso costretti ad emigrare, hanno sempre guardato alle Americhe come porto di arrivo, soffrendo come i vicini portoghesi di un sentimento di costante saudade, qui chiamata morriña, inguaribile malinconia che anche i napoletani conoscono come pucundria.
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Nostalgia della propria terra, delle sue leggende, come le meigas y bruxas, streghe cattive e buone, dei suoi suoni, le inconfondibili gaitas, tradizionali cornamuse e dei suoi colori, il blu dell’atlantico e il grigio del cielo e delle pietre granitiche, sapientemente poggiate una sull’altra fino a formare tanto le grandi cattedrali, come il granaio dietro casa, l’horreo.
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Dal faro del capo di Finisterre al fiume Miño, che la separa dai Lusitani, la Galizia ha molto da offrire: paesaggi pittoreschi, borghi marinari e isole incontaminate, città ricche di storia e di fermento culturale, ottimo cibo e vini bianchi che alleggeriscono lo spirito.
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Noi abbiamo deciso di fare base in una delle zone costiere tra le più interessanti, la Ría de Arousa, nella provincia di Pontevedra, e da lì cominciare la nostra esplorazione.
LAS RÍAS BAIXAS: I FIORDI,
I FRUTTI DI MARE E L’ALBARIÑO
La frastagliatissima costa della Galizia nasconde molti pericoli, vi ricordate il disastroso naufragio della petroliera Prestige? Avvenne nella zona delle rías altas, in quella che viene chiamata anche costa della morte, nella provincia de La Coruña. Le rías non sono altro che i fiordi dell’Europa meridionale, luoghi in cui il mare diventa fiume, insinuandosi tra le rocce e allagando per chilometri le valli fluviali.
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Le rías baixas sono le più ampie: si estendono dal Cabo Fisterra, che le separa dalle alte, fino alla ria della città di Vigo. Tutte affacciate sull’Atlantico, sono un punto di partenza strategico per spostarsi comodamente in auto o in treno per visitare anche le città. Da Vilagarcía de Arousa ad esempio è possibile raggiungere in treno tanto Santiago, in 35 minuti, come Pontevedra, in 20, e Vigo, in poco meno di un’ora. Il tragitto più lungo costa meno di 15 euro andata e ritorno.
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Prima di andare in città ci godiamo i paesaggi marini, ma attenzione, come dicevamo la pioggia è un elemento costante del paesaggio galiziano, tant’è che viene usata anche in alcuni slogan turistici: “dove la pioggia è arte”. Noi che invece siamo meteoropatici vi auguriamo di trovare il sole, almeno per godervi qualche bella giornata di spiaggia, vi avvertiamo però che per fare il bagno ci vuole coraggio, l’acqua è davvero gelata! Probabilmente gli autoctoni rideranno di voi quando vi vedranno fare i vostri primi timidi passi sul bagnasciuga, ma se riuscite a buttarvi l’effetto rinvigorente è assicurato. Per chi proprio non ce la fa rimane sempre la possibilità di bagnarsi solo i piedi osservando i movimenti dei pesciolini e le collinette di sabbia dei paguri.
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Con le sue acque cristalline e le sue lunghe spiaggie di sabbia fina e bianca, l’isola di Arousa è la tappa irrinuniciabile per gli amanti del mare. Riserva naturale protetta, si è mantenuta per secoli intatta grazie anche al monastero benedettino che ne possedeva la metà. Nel 1985 lo sviluppo economico – la sardina è la principale fonte di ricchezza – e l’aumento della popolazione hanno portato alla costruzione di un ponte lungo quasi 2 chilometri che la collega alla terraferma rendendola una delle destinazioni più visitate della regione.
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Per gli amanti del vino da segnare in agenda è invece Cambados: paesino gioiello pieno di cantine e palazzi storici. Visitando ad esempio il Pazo de Fefiñáns vi ritroverete nella sede di una delle bodegas più antiche, la prima ad aver imbottigliato il rinomato vino della zona, l’Albariño. Bianco delizioso e traditore (grazie alla sua delicatezza si beve con piacere, ma altrettanto delicatamente riuscirà a farvi ubriacare al secondo bicchiere), cugino del vinho verde portoghese, è ottimo accompagnamento di cozze e vongole.
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Perché le vongole sono un altro tesoro con denominazione di origine della ría, precisamente di Carril, frazione di Vilagarcía abitata da poco piú di mille anime, che vivono quasi tutte del mare. La mitilicoltura, ovvero l’allevamento dei molluschi e più in generale dei frutti di mare, mariscos, è infatti pressoché l’unica attività della zona. È molto suggestivo passeggiare al tramonto per la playa de Compostela per osservare l’abbassarsi della marea e gli uomini e donne al lavoro nei campi di frutti di mare.
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Non vi nascondiamo che la tentazione di passare lunghe giornate di assoluta serenità tra la spiaggia e un libro, due bicchieri di vino con tapa di formaggio e chorizo per poi terminare con una cena vista mare è forte, anzi fortissima. Ma anche se siamo pigri e non eravamo ancora pronti per il pellegrinaggio a piedi, non potevamo non andare anche noi a Santiago.
SANTIAGO DE COMPOSTELA:
LA MERAVIGLIA E IL RISTORO
DEL PELLEGRINO
Città santa insieme con Roma e Gerusalemme, Santiago di Compostela, dal latino campus stellae, per la stella che secondo il miracolo apparve all’eremita Pelayo ad indicare il luogo di sepoltura dell’apostolo Giacomo, è molto più di un santuario.
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La cattedrale causa una certa fascinazione quando, prima ancora di entrare nel centro storico, la si vede affacciandosi dal belvedere del parco dell’Alameda. Fermarsi un attimo a contemplare la città è d’obbligo, soprattutto quando ad aspettarvi trovate una panchina che, se solo avessimo scoperto prima, sarebbe finita di diritto tra le nostre 50 preferite.
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La panchina del mirador non è stata l’unica sorpresa della visita al parco. Abbiamo potuto ammirare la città da vari punti di vista, bevuto un caffè nel futuristico bar del parco e ci siamo piacevolmente imbattuti nei vari personaggi che popolano i giardini.
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La lattaia, una sorta di totem di granito dedicato alla tradizione rurale, omaggio alle donne che fino agli anni 70 distribuivano porta a porta il latte fresco appena munto. Memoria del forte legame che tutta la Galizia sembra mantenere con la terra che la circonda e con la storia che la precede.
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Abbiamo incontrato anche le due Marie, icone popolari di Santiago. La leggenda metropolitana le dipinge come due arzille vecchine che negli anni 50 passeggiavano ogni pomeriggio per il centro storico alle due in punto. Pare che, vestite e truccate un po’ eccentricamente, flirtassero con i giovani studenti. Dietro questa rappresentazione affettuosa e naif si nasconde in realtà una storia di violenza sociale e repressione. Maruxa e Coralia, infatti, appertenevano a una famiglia di noti anarchici perseguitata durante la dittatura, e si racconta che insieme ad un’altra sorella morta prematuramente fossero state ribattezzate Libertà, Uguaglianza e Fraternità dagli studenti progressisti mentre quelli cattolici le chiamavano Fede, Speranza e Carità. Sono tuttora un simbolo di libertà oltre che servire da punto di ritrovo per cominciare una serata a Santiago.
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E infine il nostro preferito, forse per quell’aria un po’ da hipster ante litteram, o per la passione comune per le panchine e perché lo abbiamo incontrato anche a Pontevedra, Ramón del Valle-Inclán. Drammaturgo e poeta, nacque proprio nella ría de Arousa, studiò a Santiago, nella sua antichissima e rinomata Università, e visse una vita da bohémien tra Madrid, Parigi e il Messico, prima di ritirarsi nella sua terra d’origine, a Cambados.
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Non ci siamo dimenticati che, pur non essendo arrivati proprio come dei pellegrini, siamo qui per visitare anche la cattedrale. Edificata in stile romanico nel Medioevo, la chiesa originale è stata assorbita dalle successive stratificazioni barocche, ma dietro l’entrata della Plaza del Obradoiro rimane visibile l’antica facciata del Portico de la Gloria. Inginocchiato sotto il timpano dell’arco centrale sta la figura del mastro scultore, l’architetto Mateo, conosciuto come il “santo dos croques” per l’abitudine di studenti e pellegrini di dare un colpetto con la testa alla testa alla statua, come a voler ricevere un po’ della sua saggezza e maestria.
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Il vero e proprio simbolo della cattedrale, più ancora della statua del santo che si può abbracciare salendo dietro all’altare maggiore, è il Botafumeiro, il monumentale incensiere d’argento che pende dalla cupola della navata centrale. Alto un metro e mezzo, pesa 53 chili e servono ben 8 uomini, i tiraboleiros, per muoverlo durante la messa del venerdì sera, la liturgia delle feste principali, o su espressa richiesta dei pellegrini.
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Non vi raccontiamo di più perché non vogliamo rovinarvi la sensazione di meraviglia che sicuramente proverete a scoprire tutte le facciate, le torri e le cappelle della grande cattedrale. Non pensate però che sia finita qui, giusto il tempo di ricaricare le pile e c’è una Parigi-Dakar che vi aspetta. Perché dovete sapere che una volta visitata la Cattedrale e abbracciato Santiago, anche i pellegrini si uniscono a turisti, studenti e locals per un meritato ristoro nella famosa Rúa do Franco, che inizia per l’appunto col bar París e finisce nel bar Dakar, passando per innumerevoli taverne dove ci si può rifocillare a base di polpo, percebes o come le chiamiamo noi zampette di drago, empanada e vino.
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Un vino tira l’altro e dopo aver osservato monetine e banconote infilate tra le pietre dei muri delle vecchie osterie, potreste finire a cantare a squarciagola le canzonette, anche italiane, con cui gli affezionati del Bar Negreira, meglio conosciuto come Patata, ogni venerdì e sabato animano la notte compostelana.
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O come noi cercare l’altra Santiago, quella degli studenti universitari e terminare la nottata ballando rock nell’A reixa, uno dei bar storici e più conosciuti di tutta la Galizia: estetica della tipica cave londinese, ma cuore indie spagnolo.
VECCHI MERCATI
E NUOVE CUCINE:
ABASTOS 2.0
Da bravi nuokers siamo sempre alla ricerca di posti diversi e speciali, pronti ad assaggiare qualcosa di nuovo, ma stiamo sempre anche attenti a non perderci tipicità e tradizioni dei posti in cui viaggiamo.
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Già a Vilagarcia de Arousa avevamo visitato il mercato tradizionale per annusare i formaggi e comprare il pesce appena pescato. Lì avavamo scoperto come fosse possibile che i “pimientos de Padrón, unos pican y otros no”. Siamo infatti rimasti incantati davanti a quella signora che sceglieva uno per uno i peperoncini verdi doc – simili ai nostri friggitelli – per assortire le bustine destinate alla vendita, in modo che appunto tra i tanti dolci, ne troviate improvvisamente alcuni davvero piccanti.
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Nel Doña Tapa abbiamo mangiato invece la tortilla di patate più buona del mondo, merito anche della materia prima, la patata galiziana infatti è meritatamente la più celebre di Spagna. Anche bollite e condite solo con olio e pimentón ((a paprika), sono saporitissime.
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È però visitando fuori orario il mercato di Santiago, la medioevale Praza de Abastos, che abbiamo scoperto il progetto gastroculturale Abastos 2.0 e avuto conferma che anche, e soprattutto, in cucina tradizione e innovazione non sono poi concetti così diametralmente opposti. La filosofia di base è che il menu lo decidono i banchi del pesce e delle verdure. Il primo dei tre locali è nato come un bancone effimero in una delle casette del mercato in cui, a seconda del momento della giornata, la cucina offriva piatti in base a ciò che si poteva comprare dentro, doventando noto soprattutto per il sushi galego. Una vera e propria cocina de mercado, in cui la materia prima non passa per la camera frigorifera, ma viene scelta, preparata e servita dagli chef Pazos e Cerqueiro, creatori di questo concetto di cucina minima, piccoli assaggi del ricettario tradizionale, ma con un forte tocco di avanguardia.
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La seconda fase del progetto è stata l’apertura di un ristorante vero e proprio, giusto di fronte: se da un lato della strada l’offerta dell’ora del vermut è un menu, rigorosamente del giorno, per 21€ o una tapa per circa 5€, nella taverna il menu è settimanale e per 35€ offre 5 antipasti, tre piatti e due dolci, tutti elaborati combinando sapientemente la cucina classica galiziana con elementi della nuova cucina spagnola.
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Senza prenotazione abbiamo dovuto rinunciare alla cena, ma per fortuna la terza fase del progetto è arrivata a Carril e nella bellissima cornice de O Loxe Mareiro. In questo rilassato ristorantino affacciato sulla ría, abbiamo potuto provare qualche abastada: sushi imperfetto, percebe pelato e servito nella sua propria schiuma, cozze con mojito di avocado. Il tutto accompagnato da pane artigianale fatto con acqua di mare e albariño di piccole cantine locali.
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Nella nostra prossima visita alle Rías Baixas, perché lo confessiamo ci siamo innamorati, torneremo al Loxe per sederci al tavolo della cucina a degustare il menu speciale, ma continueremo anche ad andare alla scoperta di nuovi angoli di questa splendida Galizia.